Da quando ci occupiamo della possibilità di avviare anche in Italia microimprese formali che producono e vendono alimenti fatti in casa, abbiamo potuto raccogliere le richieste e i desideri di un buon numero di persone che sarebbero disposte a rischiare per realizzare il loro progetto, tenuto per troppo tempo nel cassetto.
Queste persone spesso hanno perso il lavoro per la crisi economica, e le scarse risorse finanziarie vengono investite per mantenere se stessi e le proprie famiglie, anche se è forte la spinta a reinventarsi una nuova occupazione.
Avviare una microimpresa domestica alimentare richiede comunque un investimento iniziale, da verificare rispetto alle condizioni di partenza delle proprie abitazioni e ai percorsi burocratici da fare nella propria zona di residenza.
Non si possono stabilire dei costi d’investimento standard per l’avvio della microimpresa.
Ogni situazione va esaminata specificamente. Tuttavia, in linea di massima, per una produzione di alimenti fatti in casa a norma di legge, occorre considerare che si dovrà fare un investimento per:
• adeguamento degli spazi della cucina domestica
• attrezzature per la produzione e varie;
• pratiche burocratiche;
• promozione e pubblicizzazione della propria impresa e dei prodotti;
• servizi consulenziali.
Diventa importante allora una valutazione attenta a quali eventuali fonti di finanziamento ricorrere per ottenere un budget minimo per l’avvio del proprio progetto imprenditoriale, in modo tale che i prestiti attivati siano successivamente sostenibili nei tassi d’interesse rispetto al reddito che si prevede di ricavare.
Anche questo aspetto, come quello del regime fiscale da adottare, rientra nel tema della sostenibilità di una microimpresa domestica.
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